Basi tecniche per buone foto

Scattare una buona foto implica sviluppare al meglio due concetti molto diversi.
Il primo e più fondamentale è quello dell’aspetto estetico e del contenuto di una foto. Il secondo è quello tecnico. Chiaramente il primo è il più importante e fondamentale, ma se l’aspetto tecnico è carente difficilmente una foto potrà essere valida.
Poichè ho intenzione di sviluppare una serie di articoli che riguardano lil primo argomento, come fare per ottenere belle foto, ho pensato di scrivere questo articolo come premessa per definire e consolidare alcuni aspetti tecnici che, dati per scontati da chi si impegna nella ricerca di foto migliori, potrebbero non essere ben acquisiti ed assimilati da chi si è avvicinato recentemente al mondo della fotografia, anche in conseguenza del fatto cha le attuali fotocamere (e gli smartphone) fanno tutto automaticamente, creando in molti l’illusione di poter scattare sempre foto almeno tecnicamente valide, cosa invece non vera.
L’articolo è quindi una premessa a quelli in cui cercherò di sviluppare l’argomento del miglioramento delle proprie fotografie e può essere trascurato da chi ha già una preparazione tecnica fotografica, anche se il richiamo di certe informazioni potrebbe essere sempre utile.

Per prima cosa è opportuno considerare quali sono i fattori che determinano la qualità tecnica di una foto.
In pratica si tratta di:
– esposizione
– nitidezza
– messa a fuoco

Se una foto è correttamente esposta, a fuoco sul soggetto e nitida (nel senso di “non mossa”) si può dire che tecnicamente è corretta. Poi per dire che è una bella foto ci vuol altro.
Molti corsi di fotografia insegnano prevalentemente queste cose, anche molto bene, peccato però che dicano poco o nulla su come ottenere poi una bella foto. Spesso si impiega anche molto tempo ad illustrare come sono fatte e funzionano le fotocamere, cosa di interesse solo per alcuni aspetti che riguardano i punti precedentemente elencati. Al limite neppure il supporto fisico su cui sono registrate le immagini, sensore elettronico o pellicola chimica, ha importanza per questi aspetti.
Comunque riassumo in sintesi quali sono i componenti essenziali di una fotocamera.

schema_fotocamera
Schema di una fotocamera

Le sue parti fondamentali sono il sensore e l’obiettivo.

 

Obiettivo
Obiettivo

L’obiettivo è il sistema ottico, composto da un certo numero di lenti (al limite anche una sola!) che formano un’immagine virtuale, convogliando opportuanamente i raggi di luce, su un ben preciso piano. Su questo piano è posto il sensore (o la pellicola) che riceve i raggi di luce e rilevando la loro intensità registra l’immagine che vogliamo fotografare. Naturalmente questa immagine sarà, nel caso delle fotocamere digitali, elaborata dal processore d’immagine e registrata sulla scheda di memoria (nel caso della pellicola sarà invece rivelata in un secondo tempo dallo sviluppo).
La quantità di luce che arriva sul sensore è variabile e dipende prima di tuuto dall’illuminazione della scena, poi dalla quantità di luce che l’obiettivo fa arrivare al sensore ed infine da quanto tempo questo è esposto alla luce. Il sensore poi può reagire più o meno alla luce restituendo un segnale più o meno forte in funzione delle sue caratteristiche, cioè della sua sensibilità.
Per ottenere una foto correttamente esposta, cioè ne troppo chiara ne troppo scura e contenente la maggiore quantità di tonalità possibili, è necessario regolare la quantità di luce che giunge al sensore. Questa è l’esposizione e tra poco vedremo quali sono i dispositivi e le funzioni che permettono di regolarla.

Per ottenere una foto ben esposta, come detto, è necessario esporre alla luce il sensore della fotocamera per un determinato tempo. Se questo tempo è troppo lungo la fotocamera (cioè il sensore) potrebbe muoversi durante il periodo in cui è esposto alla luce e la foto a causa di questo movimento potrebbe essere poco nitida, o come si dice “mossa”. Anche in questo caso si dovrà regolare la fotocamera per evitare questo fenomeno.

Infine l’immagine proiettata dall’obiettivo sul sensore non sempre si forma sul suo piano. Questo succede quando il soggetto è molto lontano dalla fotocamera, ma se questo diventa più vicino l’immagine proiettata si forma più indietro rispetto al sensore e la foto risulterebbe sfocata. Si deve perciò spostare l’obiettivo più lontano dal sensore per ottenere un’immagine di nuovo nitida, cioè è necessario mettere a fuoco il soggetto, come vedremo.
Gli obiettivi si differenziano principalmente per una caratteristica ottica fondamentale, la lunghezza focale.

lunghezza_focale
Lunghezza focale

Questa è concettualmente la distanza fra il centro dell’obiettivo e il piano su cui si forma l’immagine, cioè quello del sensore (nella realtà può non essere così, ma concettualmente è questa la definizione). Più questa è grande in rapporto alle dimensioni del sensore più l’angolo di visione abbracciato (“angolo di campo”) dall’obeittivo è piccolo. I tipi di obiettivi usati in fotografia sono raggruppati in funzione del loro angolo di campo in relazione a quello abbracciato dall’occhio umano e si definiscono “grandangoli” se il loro angolo è maggiore di quello dell’occhio, “normali” se è più o meno uguale, “tele” se è inferiore. Con i grandangoli l’immagie sarà rimpicciolità rispetto a quella che si vede ad occhio nudo, con i normali sarà uguale e con i tele sarà ingrandita. Gli obiettivi zoom infine possono variare la loro lunghezza focale e in alcuni casi anche passare da grandangoli a tele.

Abbiamo quindi visto cosa vogliono dire “esposizione”, “nitidezza” e “messa a fuoco” e ora vediamo come agire per regolarle opportunamente.

Prima però vediamo con quali dispositivi si possono regolare questi parametri.

Gli obiettivi, come detto possono trasmettere al sensore una quantità di luce più o meno grande in funzione delle loro caratteristiche ottiche. Questa quantità dipende dal rapporto fra la lunghezza focale dell’obiettivo e il diametro della sua apertura (cioè il diametro del passaggio attraversato dalla luce), si definisce “luminosità” e si indica come f/nn .

luminosità
Luminosità

 

Ad esempio un obiettivo con una lunghezza focale di 50 mm e un’apertura di 25 mm ha luminosità f/2,0. E’ evidente che più è piccolo il numero che definisce la luminosità più in realtà l’obiettivo è luminoso. La scala dei valori di luminosità è del tipo:

f/1,0, f/1,4, f/2,0, f/2,8, f/4,0, f/5,6 f/8,0, f/11, f/16, f/22, …

Passando da un valore al successivo la luminosità dimezza. Possono naturalmente esistere tutti i valori intermedi.

Per potere regolare la quantità di luce che passa attraverso l’obiettivo e di conseguenza regolare l’esposizione nell’obiettivo è inserito un dispositivo chiamato “diaframma“.

Diaframma
Diaframma

E’ costituito da una serie di lamelle mobili che possono chiudersi riducendo il diametro del passaggio di luce dell’obiettivo e di conseguenza la sua luminosità. La luminosità, a partire dalla massima, si riduce secondo la scala indicata in precedenza, e sono possibili anche vaolri intermedi. In pratica il diaframma funziona come un rubinetto per regolare la quantità di luce.

Per potere poi esporre il sensore alla luce per un ben preciso periodo di tempo (“tempo di scatto”) è inserito nella fotocamera un meccanismo definito “otturatore“. Questo può essere realizzato in vari modi, ma ciò è poco importante per questa discussione. Quello che è importante è che l’otturatore determina il tempo durante il quale il sensore è esposto alla luce. Questo tempo può variare da qualche secondo, spesso 30, fino ad una frazione di secondo, spesso 1/4000 o anche meno.

Anche la sensibilità del sensore può variare. Al tempo delle pellicole questa era una caratteristica della stessa e non si poteva variare per tutti gli scatti del rullino. Con le fotocamere digitali questa si può variare per ciascuno scatto. La variazione della sensibilità è però in realtà ottenuta amplificando il segnale emesso dal sensore, ma così facendo si amplificano anche i disturbi (o rumore) e si peggiora la qualità dell’immagine. La sensibilità si misura con uno standard definito Iso, ad esempio 100 Iso; ad un raddoppio del suo valore raddoppia la sensibilità.

La regolazione della messa a fuoco avviene infine allontanado con un apposito meccanismo l’obiettivo dal sensore o meglio, in quasi tutti gli obiettivi moderni, muovendo delle lenti interne che ne modificano le caratteristiche ottiche.

Passiamo quindi ora lale regolazioni per ottenere una foto tecnicamente corretta.

Esposizione

Come abbiamo visto l’esposizione deve essere determinata per inviare al sensore la giusta quantità di luce per ottenere una foto “leggibile”, cioè che contenga tutte le tonalità possibili fra quella più luminosa, il bianco, e quella più scura, il nero.
Per fare questo si può agire su tre regolazioni: diaframma, tempo di scatto e sensibilità del sensore, ma come si determinano i valori giusti?
Una volta si faceva anche ad occhio, basandosi sull’esperienza, poi furono introdotti gli esposimetri in grado di misurare la quantità di luce riflessa dal soggetto e di conseguenza l’esposizione. Gli esposimetri, dapprima esterni, sono poi stati inseriti all’interno delle fotocamere ed infine, con l’avvento dell’elettronica, collegati alle regolazioni di diaframma, otturatore e sensibilità. In questo modo si è arrivati alle attuali fotocamere digitali che possono regolare automaticamente questi parametri ed ottenere un’esposizione corretta, almeno nella maggior parte dei casi.
Ci sono però delle situazioni in cui la regolazione della fotocamera deve essere modificata come i controluce, i soggetti molto scuri in ambiente poco luminoso (gatto nero in una carbonaia!) e quelli molto chiari o in ambiente molto luminoso, spiaggia o neve. In questi casi è necessario modificare l’esposizione rispetto a quella determinata dall’esposimetro della fotocamera. La correzione si misura in valori EV e un valolre EV in più o meno corrisponde ad un’apertura in più o meno di un valore di diaframma o in un raddoppio o dimezzamento del tempo di scatto. Il tutto può essere effettuato, sulla maggior parte delle fotocamere agendo sul pulsante (*/-) di correzione dell’esposizione e verificando il risultato nel mirino (se elettronico) o nello schermo prima o dopo lo scatto, nel caso da ripetere.

Nitidezza

In questo paragrafo non mi riferisco alla nitidezza come qualità dell’obiettivo, ma alla nitidezza che deriva da uno scatto non degradato da segni di mosso o vibrazioni.
Per ottenere una foto nitida e non “mossa” è necessario scattare con un tempo di scatto sufficientemente breve, “tempo di sicurezza”, da non risentire dei movimenti delle mani del fotografo e delle vibrazioni prodotte dalla fotocamera stessa al momento dello scatto. Questo tempo dipende dalla lunghezza focale dell’obiettivo. Infatti con i grandangoli l’immagine del soggetto è rimpiccolita (è come se questo si allontanasse) e quindi i movimenti influiscono meno su di essa, con i tele viceversa l’immagine del soggetto è ingrandita (è come se si avvicinasse) e risente maggiormente dei movimenti. Il tempo di sicurezza varia quindi in funzione dell’obiettivo e della focale usati ed deve essere almeno il reciproco della lunghezza focale rapportata al formato pellicola o fullframe. Ad esempio quindi se si usa un obiettivo 50 mm o equivalente deve essere almeno 1/50, se si usa un 200 mm 1/200. Con le attuali fotocamere dotate di stabilizzatori questo tempo può essere allungato affidandosi alla funzione di stabilizzazione, ma per sicurezza è preferibile non salire troppo con il tempo variandolo al massimo di due stop, cioè un fattore 4, da 1/50 si può arrivare ad 1/13 e da 1/200 ad 1/50. allungando ulteriormente i tempi si rischia che lo stabilizzatore non sia sempre efficace.
Queste considerazioni valgono per soggetti statici, paesaggi, monumenti, ma devono essere modificate per soggetti in movimento, e anche per le persone. Infatti anche se si fotografano persone in posa o comunque ferme è bene non scendere sotto 1/60 per evitare che i leggerissimi movimenti, anche involontari, di una persona rendano la foto poco nitida. Per i soggetti in movimento è evidente che si debbano usare tempi brevi, sempre di più man mano che aumenta la velocità del soggetto. Questo si può ottenere in molte fotocamere usando la “priorità dei tempi”, ma ne parlerò in un altro articolo.

Usando l’automatismo di esposizione, come indicato precedentemente, l’unica cosa che si può fare è verificare, prima dello scatto, che il tempo sia sufficientemente breve.
Usando l’automatismo anche per la sensibilità la maggior parte delle fotocamere consente comunque di definire il tempo minimo di scatto raggiunto il quale deve essere aumentata la sensibilità. Nella maggior parte dei casi è opportuno fissarlo almeno ad 1/60, anche se in molte fotocamere è determinato automaticamente, secondo la regola precedentemente descritta, e varia anche in funzione della lunghezza focale dell’obiettivo usato.

Messa a fuoco

Le attuali fotocamere sono tutte autofocus quindi mi riferirò solo a questo tipo di messa a fuoco. Chi vuole usare quella manuale, permessa dalla maggior parte, sa già come fare.
La messa a fuoco deve essere precisa e deve essere sul soggetto principale della foto, nel caso ad esempio di un ritratto sugli occhi, per un paesaggio sullo sfondo, a meno che non ci sia un soggetto più vicino come un albero, un edificio, una persona, e così per tutti i soggetti.
L’autofocus funziona su dei punti predeterminati (“punti AF“) su cui è in grado di effettuare la messa a fuoco. Questi coprono sempre la parte centrale dell’inquadratura e spesso si estendono anche ai lati. In totale automatismo le fotocamere riescono abbastanza bene ad individuare il soggetto da mettere a fuoco, ma si deve sempre controllare che l’abbiano effettivamente fatto e confermato la messa a fuoco prima di scattare. Questa operazione può essere più o meno veloce a secondo del tipo di macchina, del suo livello (base, professionale, ecc.) e della luminosità della scena. Per mettere a fuoco è universalmente sufficiente premere a metà corsa il pulsante di scatto e poi dopo la messa a fuoco, spesso confermata da un suono, premerlo a fondo per scattare.
Se la fotocamera non sceglie correttamente il soggetto (perchè ad esempio è in posizione laterale) si deve scegliere manualmente (nelle fotocamere che lo permettono) il punto AF. Un’opzione comoda è quella di fissare la scelta sul punto centrale, puntarlo sul soggetto e mettere a fuoco premendo a metà il pulsante di scatto e poi, senza rilasciarlo, ricomporre l’inquadratura e scattare.

In conclusione ho dato le principali indicazioni per ottenere tecnicamente delle buone foto. Che siano delle belle foto però dipende da chi scatta.
Alcuni argomenti sarebbero da approfondire e lo farò in prossimi articoli. Ugualmente in una serie di prossimi articoli tratterò l’argomento di come fare foto più belle e piacevoli.

10 pensieri riguardo “Basi tecniche per buone foto”

  1. Grazie Francesco, sei molto chiaro spero presto vedere il seguito, avrei bisogno di chiarimenti su come mettere a fuoco 2 soggetti con diverse distanze. Grazie

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    1. Rita,
      non è possibile mettere a fuoco contemporaneamente due soggetti a distanze diverse. L’unica cosa su cui si può contare è la profondità di campo, chiudendo il più possibile il diaframma, ma questo argomento lo tratterò in un futuro articolo.
      Ciao, Francesco

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  2. Ciao Francesco,
    Anche questo tuo articolo e’ finito tra i miei “Preferit”. Ora, sia pure con il timore di fare una domanda stupida, ci provo: sappiamo che le nozioni teoriche sono utili, pero’ gli esempi pratici sono insostituibili, quindi la domanda e’ questa: ho trovato questa fotografia di un fotografo professionista (Brent Stirton – http://www.brentstirton.com):

    ecco, per quanto mi riguarda e’ un capolavoro, come si fa ad ottenere
    un’immagine simile?
    Ovviamente non scattando in automatico, ma quali sono i parametri giusti? – Occorrono specifici accessori?
    Posso io con la Sony a6000 ottenere qualcosa del genere?
    Grazie per la tua attenzione 🙂 Ciao
    Silvio

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    1. Silvio,
      è indubbiamente una bella foto, ma non ci vogliono tecniche particolari, a parte trovare i soggetti!
      Il fotografo, che ha usato una Canon 1Ds Mk II e una focale di 16 mm (no so con quale obiettivo), ha usato l’esposizione manuale ed ha sottoesposto la foto, sfruttando il fatto che è stata scattata quasi alle 9 di sera, quindi con luce calda. La focale grandangolare gli ha permesso di avvicinarsi molto alle ragazze ottenendo la prospettiva un po’ esagerata che distingue la foto. La foto è stata convertita con Adobe Photoshop Lightroom 4.3 per Mac. Non posso sapere se ha applicato particolari filtri, ma con Lightroom di solito non si effettuano particolari elaborazioni. Può darsi che abbia usato un filtro polarizzatore per il cielo. Lo stesso risultato può ottenersi usando la macchina in P (Program) e sottoesponendo con l’apposito tasto di correzione dell’esposizione +/-.
      Sicuramente con la Sony A6000 si possono ottenere risultati simili, l’importante è avere un’idea e svilupparla, indipendentemente da quale fotocamera si abbia.
      Ciao, Francesco

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